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Beatrice Bianchini
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MONICA (‘113) VENEZIA 79

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2022 ·
di Andrea Pallaoro
con Trace Lisette, Patricia Clarkson, Adriana Barrazza, Joshua Close,
emily Browning
Sapere dov’è l’identità è una domanda senza risposta
( J. Saramago)

Monica è una ragazza silenziosa.
Bellissima, con un fisico imponente, si muove su una coupè rossa ma è
il ritratto doloroso di una solitudine invadente.
Torna dopo venti anni nella casa di famiglia in Ohio perché la madre
affetta da una neoplasia celebrale, morirà presto.
Una serie di telefonate non corrisposte all’ex compagno, una serie di
silenzi, non detti, non mostrati, ma individuati nel percorso dell’opera,
confermano l’indiscutibile capacità del regista di raccontare nel
rispetto totale dell’ intimità dei personaggi.
I motivi autobiografici del regista sembrano averlo condotto a
riflettere sul passato e sugli effetti psicologici dell’abbandono.
La cura che rivolge a Monica in questo caso, come quella che rivolgeva
ad Anna nel film precedente, sempre presentato alla mostra del
cinema di Venezia, conferiscono a Pallaoro la caratteristica ontologica
del rispetto e della attenzione che ripone per le protagoniste delle
storie che racconta.
Quest’ ultima esplora la complessità e gli innumerevoli volti della
dignità umana, le conseguenze di un rifiuto genitoriale e sentimentale
e l’ impossibilità di guarire dai traumi atavici.
Non esita a percorrere la natura precaria dell’identità anche
attraverso la specularità del vissuto di una età acerba e in fieri,
quell’identità sottoposta ad esame dalla necessità di trasformarsi per
vivere e sopravvivere.
Il dialogo che Pallaoro costruisce nei suoi preziosi lavori è
assolutamente intimo e pieno di pudore e di rispetto;  la sacralità dei
ritratti restituisce sempre un margine di interpretazione e di mistero.
L’estetica dei volti e dei corpi destruttura i ritratti per restituire il
senso della complessità e per infrangere l’alienazione insita.
Monica, con i suoi occhi, la sua gestualità, le sue espressioni sottratte
dice tutto senza dire nulla: poche sono le sue parole, silenziate da una
fragilità identitaria spezzata dal riconoscimento dell’amore materno.
Pallaoro consacra con questo film, il suo talento,  la rara abilità di
sottrarre narrazione e recitazione, invitando lo spettatore a penetrare
nel percorso rappresentato senza alcuna forzatura voyeristica con la
necessità tuttavia di impegnare il proprio vissuto e sentito senza il
quale è impossibile cogliere opere di tale sofisticata e raffinata
tessitura.

Il fascino della conoscenza sarebbe limitato se sulla sua strada non ci
fosse tanto pudore da superare.
( W.F. Nietzsche)



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