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Beatrice Bianchini
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LAS MEJORES FAMILIAS (’95)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2020 ·
di Javier Fuente Leon
con Tatiana Astengo, Gabriela Velasquez, Gracia Olayo, Grapa
Paola, Sonia Seminario

Perché lavorare se posso farlo per te?
Così recita un tabellone dove una donna in costume è
comodamente sdraiata sulla conchiglia della nascita di Venere.
Il messaggio pubblicitario si staglia su un poverissimo
periferico quartiere di Lima dove vive la servitù.
E sebbene Dio sabe mi destino, la corsa al lavoro, passando da
un bus all’altro si fa ogni giorno frenetica.
Luzmilla e Peta sono due sorelle che svolgono parallelamente
le stesse mansioni in due ville confinanti dove le proprietarie
“aristocratiche”, Alicia e Carmen, passano le giornate al
telefono predisponendo intrighi familiari.
Colazioni al letto, massaggi, insegnanti di memoria.
Il classismo e il pregiudizio si respira ovunque, anche tra
parenti delle stesse famiglie riunite per il compleanno di Alicia
che attende il rientro dalla Spagna del figlio gay, attualmente
fidanzato con Merche, una deliziosa ragazza che fa l’attrice.
Proprio costei è l’incarnazione del segreto tenuto nascosto
dalle per lunghi anni, decenni, dalle rispettive famiglie
confinanti.
Trovate quali le doppie inquadrature tra le ville, finalizzate
alla rappresentazione del parallelismo stucchevole dei
comportamenti delle amiche, la presenza di una “casa delle
bambole” in giardino come luogo di conservazione e
testimonianza di non detti polverosamente nascosti, sono
sicuramente gli aspetti più originali percorsi da questa
commedia tragi-comica con continui guizzi ironici.
La struttura matriarcale della storia, la pressoché ininfluente
presenza della figura maschile se non in dinamica
omosessuale, costituisce l’altra trovata della sceneggiatura.
Come in Nuevo Orden, film messicano presentato a Venezia 77,
anche qui, fuori dalle lussuose ville, la realtà del popolo
scatena una protesta con lancio di lacrimogeni anche nelle
blindate proprietà, sebbene i signori sostengano che
“protestare per qualunque cosa non è utile a comprendere che
per andare avanti occorre lavorare anche la domenica”.
Come ne La zona di Rodrigo Plà, dove i borghesi di Città del
Messico, sono protetti nei loro giardinetti con villa e pronti a
mentire ed uccidere pur di salvaguardare il loro benessere,
anche nelle migliori famiglie di Lima si ripete la stessa
sceneggiatura, quella di un Sudamerica che ritrae il divario
economico prodotto dal sistema capitalistico.
E nello spaccato cinematografico si evidenziano le ipocrisie, i
perbenismi delle famiglie che comandano mentre sullo sfondo
i “ribelli da arrestare” marciano nei quartieri benestanti.
Javier Fuentes Leon sostiene che il film è lo specchio della
realtà e non si fa nessuna fatica a crederlo: la ricolonizzazione
che avviene nelle metropoli è lo status quo prodotto dal
capitalismo e rappresentarla in forma di telenovela sarcastica
è evidentemente efficace: tutti vorrebbero suonare il
campanello della servitù, anche la figlia della serva e del
padrone e anche laddove l’autocoscienza hegeliana del servo
che diviene padrone del padrone non riesce a trasformare la
realtà del padrone che diviene servo del servo.

L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che entra
realmente in possesso della collettività dei paesi moderni è il
debito pubblico
(Karl Marx)

Ipocrisia, classismo, amoralità, alienazione, infelicità,
ignoranza sono gli ingredienti di una divertente e amara
commedia in salsa lgbt.
L’incipit si ripete esattamente nell’ex-post: non c’è spazio e
tanto meno luogo per alcun cambiamento; la rivoluzione è
fuori fuoco, periferica e marginale. Nulla può scalfire il nulla se
la strategia economica è un circolo vizioso chiuso.
Il divenire è all’insegna del motto gattopardiano: Tutto
cambia perché nulla cambi”

Fra due diritti uguali chi decide? La Forza

La ragione è sempre esistita ma non sempre in una forma
ragionevole
(Karl Marx)



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