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Beatrice Bianchini
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La Piedad (’84)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2022 ·
di Edoardo Casanova
con Angela Molina, Manel Llunell

La libertà è una frontiera oltre la quale sta a te giocare,
a te con tutte le tue incertezze; è una scommessa, un agire
sul bordo abissale delle certezze.
( Miguel Benasayag)

Libertad e Mateo sono madre e figlio.
Vivono in una lussuosa casa completamente rosa e nera.
Tutti i loro accessori e abiti sono degli stessi colori.
La loro è una relazione estrema madre/figlio: dipendenza,
sodomasochismo, manipolazione, follia, egoismo, sadismo.
La televisione trasmette soprattutto notizie sulla Corea del Nord:
siamo nel 2011 e di lì a poco morirà Kim Jong-il e il terzogenito Kim
Jong-un salirà al potere.
Le immagini della disperazione dei sudditi alla morte del dittatore
viene rappresentata con grande clamore mentre a Mateo viene
diagnosticata una neoplasia celebrale, un glioblastoma.
Una iniziale estrema scena del parto di Libertad che mette al mondo il
figlio già adulto fino alle immagini dell’intervento celebrale sul
ragazzo indicano con ferocia quanto l’intento del regista sia quello di
non nascondere nulla anzi di rappresentare in modo spettacolare,
netto, cromatico, geometrico e estetico tutto quello che riguarda il
corpo e la mente.
Sebbene a tratti didascalico e compiaciuto il messaggio di Casanova si
nutre di una forma alquanto insolita e di riferimenti diretti ai rapporti
estremi che si creano tra vittima e carnefici e tra servo e padrone, se
non tra suddito e despota.
Libertad infatti comprime la vita di Mateo, non vuole lasciarlo andare,
nonostante sia adulto, e, se lui è malato anche lei lo sarà.
La stanchezza delle malattie e della cura insieme ad una psicoterapia
insinuano ulteriori ragioni di ricerca di libertà, quella stessa libertà
che metterà in crisi le ormai congenite abitudini del ragazzo nella
lussuosa gabbia color rosa.
La tossicità di questo rapporto intimo e la rappresentazione dei
racconti tra unicorni e fragole avvelenate per il controllo demografico
nella Repubblica Popolare dei Corea, non consente di aggirare il vero
tema del film; quello politico, il potere.
Una pellicola che si struttura concettualmente sull’illustre discorso
della “servitù volontaria” di Etienne de la Boetie, sulla inevitabile, a
quanto pare, interdipendenza tra popoli e regnanti e non solo.
La necessità di sentirsi amati e indispensabili è alla base di questo
tipo di rapporto laddove il nome della madre Libertad insinua che la
vera libertà è proprio quel tipo di compressione dalla quale risulta
impossibile liberarsi.

L’abitudine, che in ogni campo esercita un enorme potere su di noi,
non ha in nessun altro campo una forza così grande come
nell’insegnarci la servitù.
( Etienne De La Boetie)

Una psicosomatica dei rapporti di potere che creano metastasi nel
corpo e gabbie inaggirabili nella mente.
Un Amore e Morte dai contorni fiabeschi e surreali dove ognuno
esercita la ragione di vita dell’altro: una simbiosi perversa in cui il
servo e il padrone sono interscambiabili.

Il film è una continua sebbene didascalica metafora irriverente e
scandalosa del potere: il regista conferma la sua capacità visionaria
estrema come aveva fatto con il suo precedente film Pelle sul tema
della morale.
Presentato all’ultimo TFF 40, in concorso, è una pellicola che farà
discutere, riflettere, e “se lo scopo dell’arte non è riprodurre il visibile
ma renderlo visibile” come sosteneva Paul Klee, questa è arte.
Edoardo Casanova dice di essersi ispirato alla Pietà di Kim Ki-duc,
sicuramente sulla estremità dei temi, tuttavia lontana per criteri
formali, estetici e concettuali.
Qui c’è una dimensione intima del potere e una politica: le situazioni
sono paradossali, eccentriche e contemporaneamente gotiche e in
quell’eccesso di rosa tutto diventa cupo e sinistro.
Tutto è minimale, monumentale e funebre come le architetture dei
regimi dittatoriali e non solo.

Perché gli uomini combattono per la loro servitù
come se si trattasse della loro libertà?
(Massimo Recalcati)



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