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Beatrice Bianchini
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La ligne – La linea invisibile(‘101)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2023 ·
di Ursula Meier
con  Benjamin Biolay, Dali Benssalah, Elli Spagnolo, Eric Ruf, India
Hair, Jean-François Stévenin, Louis Gence, Stéphanie
Blanchoud, Thomas Wiesel, Valeria Bruni Tedeschi

L’RV 608 Nisi Dominus di Vivaldi accompagna l’incipit in slow motion,
del litigio tra due donne, una figlia che colpisce con uno schiaffo la
madre facendole battere la testa sulla tastiera del pianoforte.
Per questo Margaret è costretta a misure restrittive: per tre mesi deve
stare a 100 metri di distanza dalla madre, nonostante ne esca anche lei
fortemente contusa e con un visibile taglio sul sopracciglio.
Deve lasciare la casa dove vive con la famiglia, e dove in realtà occupa
il garage, in “linea” con la misura restrittiva familiare.
Conosciuta dal villaggio, anonimo e provinciale, come una ragazza
violenta, scatena la curiosità e la malvagità dei bambini nonché
compagni della sorella minore Marion, presente durante l’aggressione.
Una pletora di piccoli bipedi “perversi e polimorfi”, come li definiva
Freud, perfidi e fastidiosi, della vallata fredda e fangosa ai margini di
un canale umido e sterile di umanità, si esercitano in miseri atti di
bullismo propedeutici alla costruzione dell’età adulta.
La madre Christina, ex presunta grande musicista, talento mortificato
dalla maternità e per questo convertita all’insegnamento, perderà
l’udito, anche se non completamente e forse neanche parzialmente.
Userà questo incidente per rimarcare quella linea che divide la sua
vita, tra il talento e l’impossibilità di cavalcarlo.
Non si comprende cosa l’abbia indotta a partorire tre figlie
evidentemente non desiderate. Ricorre continuamente a nuove storie
sentimentali compresa l’ultima vissuta in modo adolescenziale e
sfacciato con il giovane Hervé.
Marion, la piccola di casa, che canta e ama come la sorella/”madre”
maggiore, finisce per parlare solo con Dio per chiedergli aiuto e
conforto in una situazione così estrema.
Un noir enigmatico, insidioso e a tratti fuorviante, è lo spirito
narrativo con il quale la Meier costruisce le linee labirintiche, implicite
e a tratti grottesche del tessuto familiare.
La linea di sopportazione;
la linea che delimita l’essere una genitrice biologica senza essere una
madre come nel precedente Sister;
la linea di confine del senso di responsabilità, del senso di colpa, della
vittimizzazione, della rivendicazione, del limite, del pudore, della
dignità, della sottomissione, della violenza, della insubordinazione,
della subordinazione…;
una linea tutt’altro che invisibile che questo
film percorre con assoluta evidenza;
una linea come metafora delle tracce interiori indelebili che possono
solcare il vissuto di tre figlie così diverse di una madre così identica al
proprio disturbato riflesso narcisista.
Le stesse linee e la stessa musica che accompagna la
cittadina/villaggio Dogville di Lars von Trier, che racconta la miseria
umana, l’orrore familiare e il tentativo violento di riscatto.
Nonostante tutto, in entrambi i lungometraggi il senso di colpa e la
subordinazione che i rapporti familiari producono, riescono a
scatenare reazioni tuttavia autolesive e umilianti.
L’insubordinazione di Mary come quella di Margaret produce un
lungo conflitto esteriore e interiore, disturbante e dannoso, anche
distruttivo fino al punto in cui si intravede l’evento catartico di chi
riesce a tacere e guardare per individuare la via d’uscita dall’insidioso
labirinto del disagio, del malessere e del guasto che la famiglia e la
comunità genera.
La violenza sorda di un amore assente, crudele e impietoso che
produce la colonna sonora della ricerca impossibile di una
compensazione dialettica e emotiva.

Ogni madre abita il confine sottilissimo che separa la vita dalla morte



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Ideato e realizzato da Sandro Alongi
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