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Beatrice Bianchini
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BUIO (’98)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2020 ·
di Emanuela Rossi
Stella, Luce e Aria sono tre sorelle recluse in casa dal padre.
Fuori c’è l’Apocalisse e il genitore rientra bardato e con la maschera
antigas. Rivela che non si può uscire, le donne, che non sono
adatte al mondo esterno, sono senza occhi e senza mani e gli
uomini devono lottare e uccidere per procurarsi il cibo.
Stella, Luce e Aria pertanto non possono vedere le stelle, vivono al
buio e hanno qualche ora da giostrare con la festa dell’aria, niente
più. Sono autodidatte e con il frigo vuoto attendono il rientro del
padre, la madre è andata via da tempo.
Indossano il costume le cuffie e gli occhiali colorati immaginando di
essere sdraiate al sole.
Il padre legge loro brani dell’Apocalisse e le rende edotte
dell’impossibilita di andare altrove mentre Stella inizia a porre
domande e a incuriosirsi del mondo esterno.

L’uscita della figlia maggiore inizia timidamente per rivelarsi una
scoperta confusa e labirintica: il mondo “apocalittico” è fatto di
supermercati e centri commerciali, dove soddisfare le prime
necessità come la fame e attraverso il quale scoprire che non
bisogna uccidere nessuno ma acquistare il cibo pagando alla cassa
per poi tornare a casa dalle sorelle.
Un andirivieni continuo quello di Stella, caotico e diluito in una
serie di situazioni piuttosto inutili e insignificanti rispetto alla reale
presa di coscienza che la protagonista dovrebbe mettere in atto
considerata l’esperienza con il mondo esterno.
Diviso in capitoli scanditi dai disegni di Nicoletta Ceccoli, con
continui riferimenti al buio della ragione determinato dalla
distorsione religiosa sono evidenti i continui riferimenti alla
cinematografia più o meno contemporanea.
La prima scena vede Aria su un triciclo stile Shining; la reclusione
indicare Kynodontas e il trittico sorellanza ricalca Miss Violence di
Avranas al quale la regista, a suo dire, cerca di restituire una
inquadratura femminile.

Il riferimento a The Neon Demon di Refn sembra ricorrente con
quelle luci fluo che escono dal buio, come al Suspiria di
Guadagnino, fino all’inquadratura del libro L’esorcista e
all’inquietante ballo tra Luce e il padre sulle note del Tempo delle
mele insieme alle camice da notte in stile La casa nella prateria.
Un accrocco cinematografico traballante, un mix di non generi
stucchevole, un estratto di cinefilia indigesto.
Se il mondo maschile è quello che vuole le donne relegate in uno
spazio buio senza aria, senza luce e senza stelle, la metafora della
liberazione passerà attraverso l’impegno delle ragazze combattenti
al quale il film è dedicato.
La regista intende ribaltare la visione maschile dell’abuso portata
sullo schermo dalla Miss Violence di Avranas, intende sollecitare
una nuova visione del mondo, intende rendere omaggio all’arte
cinematografica attraverso riferimenti, citazioni, immagini ma,
come diceva Oscar Wilde, “ le cose peggiori sono state fatte con le
migliori intenzioni” e questa intenzione era veramente lodevole.
Ciak Il Buio.



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