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Beatrice Bianchini
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Un autre monde (‘96) Venezia 78

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2021 ·
di Stephane Brizè
con Vincent Lindon, Sandrine Kiberlain

Terzo film della trilogia sul mondo del lavoro.
Si apre con le foto della famiglia, da quelle meno recenti, felici e spensierate a quelle più attuali.
Philippe é il dirigente provinciale in Francia  di una azienda multinazionale.
Si parla di esubero e si esige una riduzione dei posti di lavoro  del 10 per certo.
Dall’esame del Dott. Lefevre, interno all’azienda,  questa riduzione comporterebbe
seri problemi di qualità e di gestione  della filiale. Philippe  comprende questa
perplessità e documenta in  modo dettagliato le difficoltà a cui si andrebbe incontro
fornendo un  piano alternativo.
Ai complimenti per il lavoro svolto si replica  asserendo che non era quella la richiesta
rivolta al dirigente e se  costui ha un capo al quale deve rispondere quel capo
ha a sua volta un  padrone inflessibile: Wall Street.
Contemporaneamente il divorzio in corso, la slatentizzazione di un
problema psichiatrico del figlio minore, rendono la vita dì Philippe un  inferno esistenziale.
Dover rassicurare i dipendenti da un lato e rispondere alle  esigenze
degli azionisti dall’altro lo incastrano in un impiccio legale  non indifferente.
Massimizzare i profitti è l’unico obiettivo dell’azienda che tende a  delocalizzare e il dilemma
oscilla tra  diventare complice di un  sistema spietato o tornare,
dopo 25 anni, ad una vita instabile.
Dopo La legge del mercato (2015) e In guerra ( 2018) Brizè  torna al
tema centrale della trilogia: il posto di un uomo nel sistema.
Il tema dell’industria culturale, del capitalismo globalizzato,
dell’inferno del mercato del lavoro contemporaneo si
compie in Un autre monde,  miglior film della trilogia,
per tensione esistenziale su tematiche  familiari, sconvolte dal mondo del lavoro,
per tensione etico-politica e  per la capacità di tradurre in storie e
figure di grande sofferenza e  umanità il confine tra il documentario e la finzione.
Qui la finzione fa da padrona rendendo artisticamente visibile ciò
che il mondo del mercato riproduce irreparabilmente.
Tematiche trattate abilmente da Lauren Cantet, Robert Guediguian,  Ken Loach,
indugiano da anni  su  temi dai quali è facile distogliere lo  sguardo e sui
quali  questo cinema sosta, ricerca, documenta.
Brizè, con una narrazione asciutta, non sottrae nulla all umanità  di questi temi,
candidando Vincent Lindon a interpretazioni  indiscutibilmente efficaci.
Seppur radicato al mondo del lavoro la filmografia del regista  diventa il caleidoscopio
attraverso il quale individuare le  sfaccettature del sistema, con tutte le sue distorsioni e deformazioni.

“ Se il denaro diviene il generatore simbolico di tutti i valori,
l’etica, di fronte alla tecnica, diventa patetica: non si è mai  visto che un'impotenza sia in grado
di arrestare una potenza. Il  problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici
che  abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi.”
( U. Galimberti)



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