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Beatrice Bianchini
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THE LAST PORNO SHOW (’90)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2019 ·
di Kire Paputts

LA STORIA DI UN CINEMA PER ADULTI: IL PORNO VISTO DA UN BAMBINO
“Per gli uomini i film a luci rosse sono bellissime storie d’amore dove tutte le parti
terribilmente noiose sono state tagliate” ( Richard Jeni)

Una scena hot; è lo schermo sul quale si proiettano tutti i giorni film porno per i
variopinti e a tratti rozzi dipendenti/clienti del genere. Siamo in un cinema
canadese degli anni ’70, il proprietario Al muore e il figlio Wayne riceve tutta la
palazzina in eredità dove si trova il cinema porno e dove, ai piani superiori,
abitano inquilini bizzarri e emarginati.
Wayne è un attore non professionista e non intende continuare l’eredità
professionale del padre e un immobiliarista gli fa intendere che un imprenditore
è interessato all’acquisto di tutto l’immobile per trasformarlo in una attività
poco credibile. La difficoltà sarà convincere gli inquilini a lasciare lo stabile
anche perché Wayne comprende subito che il padre Al era visto dai residenti
come una sorta di benefattore.
I clienti impazienti continuano a bussare alla porta per assistere alle loro
proiezioni quotidiane mentre un giovane ragazzo affetto dalla sindrome di
Down si reca presso il cinema per svolgere la sua attività quotidiana preferita:
passare l’aspirapolvere in tutto il cinema.
Tra una difficoltà e l’altra dettata dall’eredità e tra il desiderio di fare l’attore e la
difficoltà di far riemergere i ricordi di un ragazzino cresciuto con un padre che
gestiva un cinema a luci rosse, Wayne si trova scaraventato in un mondo che ha
inconsapevolmente rimosso e rifiutato e la necessità di rintracciare perché lo
avesse rimosso e rifiutato.
Inizia a cedere a questa nuova realtà; inizia a vedere il suo lavoro di attore sotto
un’altra luce; inizia a frequentare quel mondo e le persone ad esso connesso;
inizia a rispolverare antichi aneddoti vissuti nell’infanzia; inizia a ricordare e a
interpretare con gli occhi di un’adulto il vissuto di un ragazzino che amava il
padre.
Ripercorre così la visione di alcune pellicole e infrange i limiti del suo
pregiudizio e si aggira tra bambole gonfiabili, black hole e esperienze esilaranti
di autoerotismo con un televisore.
L’ironia grottesca a tratti horror del film coinvolge anche il giovane Athar,
ragazzino immigrato che vive, quasi sempre solo, uno degli appartamenti
dell’edificio, facendogli interpretare la parte di sé stesso da bambino. Si, Wayne
decide di girare un film sulla sua infanzia, attraverso il quale far riemergere le
sue inconsapevoli porno-esperienze, involontariamente vissute, dalle quali il

padre cerca di proteggerlo: un aneddoto accuratamente rimosso fa
comprendere il motivo per il quale sarà allontanato dal genitore.
Questo film presentato nella sezione After Hours del Torino Film Festival, riesce
a mixare in maniera tecnicamente artigianale la realtà dei cinema porno ormai
completamente scomparsi (www.cinematown.it/2019-05-storia-del-cinema-
porno/) con il vissuto esistenziale del protagonista alle prese con la sua infanzia
e con il suo primo ruolo in un film soft-porno.
The Last Porno Show rappresenta per il regista la necessità di raccontare, come
nei suoi precedenti film, “caratteri, situazioni e temi non tradizionali in uno stile
narrativo basato sui personaggi” e di ricorrere a figure fuori dagli schemi o
persone ai margini ed eccentriche. Kire Paputts dichiara inoltre di essere stato
respinto da tutti i principali istituti cinematografici canadesi che non avrebbero
capito il prodotto e di essere ricorso ad attori non professionisti e
all’improvvisazione attraverso momenti inaspettati e non scritti per produrre un
film con le sovvenzioni del Consiglio Artistico, il crowfunding e i risparmi
personali.
Una storia bizzarra raccontata in modo tradizionale; l’immagine, a tratti
malinconica, di un cinema scomparso, di cui si potrebbe provare nostalgia solo
rispetto a quello che è diventato il porno sul web

(www.ilpost.it/2012/04/07/i-
numeri-del-porno-su-internet/)
(www.wired.it/internet/web/2017/05/19/quanto-porno-si-trova-online/)

Un film che si spinge oltre, che esula dalle numerose produzioni che ruotano
intorno all’industria del porno, che evidenzia un fenomeno denunciandone un
altro.
Un film grottesco e drammatico, il percorso psicoanalitico di un’infanzia piena di
errori e di rimpianti, vissuta con un padre ingombrante da dimenticare ma
anche da recuperare. Una commedia acida, con un retrogusto dolce e
stucchevole con una profonda e genuina necessità: raccontare una storia che
ormai appartiene al passato, a qualcosa che suscita sicuramente fastidio ma che
conduce in luoghi di riflessione insospettabilmente esistenziali.

LA PORNOGRAFIA ALTRO NON E’ SE NON LA CARNE IN SOLITUDINE
( U. GALIMBERTI)



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Ideato e realizzato da Sandro Alongi
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