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Beatrice Bianchini
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SQUID GAME ( serie tv NETFLIX) ( 9 episodi )

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2021 ·
di Hwang Dong-hyuk

La possibilità dell’apocalisse è opera nostra.
Ma noi non sappiamo quello che facciamo. (G. Anders)

Quattrocentocinquantasei persone vengono reclutate e sottoposte ad
una prova preliminare umiliante: sono individui più o meno disperati
per questioni economiche.
L’obiettivo è sottoporli a sei giochi di sopravvivenza perdendo i quali
si muore; in palio ci sono 45600000000 di won ossia circa 33/34
milioni di euro: un solo vincitore e quindi
un solo sopravvissuto è previsto.
Ognuno ha una sua storia, professionale, familiare, politica,
sociale che li pone in una condizione di vita estrema.
L’iniziale inconsapevolezza del rischio al quale sono sottoposti verrà
ad incontrarsi, dopo il primo game, alla possibilità di votare
democraticamente per uscire dal gioco.
Dopo la votazione che vede la metà più uno scegliere per l’abdicazione
e il ritorno alla vita precedente, tutti decideranno di rientrare nel
game ormai consapevoli del destino al quale andranno incontro.

La rinuncia ai diritti fisici, il commercio illegale di organi, una crudele
guerra tra poveri per il “dio denaro” che pende in una sfera di
plexiglass. Una travolgente, ossessiva, ironica colonna sonora
accompagna gli episodi mentre il valzer di Strauss “The blue Danube”
scandisce l’intro ai misteriosi giochi
per bambini ormai crudelmente mortali.
La musica già utilizzata in 2001 Odissea nello spazio, è una dei primi
omaggi che il regista coreano rivolge a Stanley Kubrick insieme alla
presenza di quelle maschere che i vip ricchi e annoiati indossano per
rimanere anonimi come in Eyes wide shut.

La simbologia del
“Cerchio–triangolo–quadrato: così Sengai dipinge l’universo.
Il cerchio rappresenta l’infinito, che è il fondamento di tutti gli esseri.
Ma l’infinito in sé stesso non ha forma. E l’uomo, dotato delle facoltà
sensoriali ed intellettive, ha bisogno di forme tangibili: ecco perchè il
triangolo, origine di ogni forma, prima fra tutte il quadrato.
Il quadrato è un doppio triangolo e questo processo di duplicazione va
avanti all’infinito dando luogo alla moltitudine delle cose definita dai
filosofi cinesi “le diecimila cose“, cioè l’universo. […]

Di queste tre figure, o forme, si può dare un’altra interpretazione più
tradizionale. Sengai aveva famigliarità tanto con lo Shingon, la setta
buddhista che fa uso dei mantra, quanto con lo Zen. Apprezzava lo
Shingon perché insegnava l’identità dell’esperienza corporea
(rupakaya) e della realtà ultima (dharmakaya). La prima viene qui
rappresentata da un triangolo che assurge a simbolo del corpo
umano nei suoi tre aspetti: fisico, linguistico (o intellettivo) e mentale (o
spirituale). Il quadrato raffigura il mondo oggettivo costituito
dai quattro elementi fondamentali (mahabhuta): terra, acqua, fuoco
e aria. Il dharmakaya, la realtà ultima, è il cerchio cioè la forma senza
forma. In genere abbiamo una visione dicotomica dell’esistenza – forma
(rupakaya) e senza forma (arupa), oggetto e soggetto, materia e spirito
– e riteniamo che questi termini siano in contraddizione e si escludano a
vicenda. Sia lo Shingon che lo Zen invece, si oppongono a tale concezione
sostenendo che forma e senza forma, o vuoto (sunya), coincidono”.

Il regista Hwang Dong-hyuk ha spiegato di essersi ispirato alle
formiche, che hanno una gerarchia di lavoro in cui ognuna sa cosa fare
e lo esegue come parte di un tutto, per servire la regina (che in questo
caso è la mente dell’organizzazione e del gioco): «Il simbolo del
cerchio rappresenta i lavoratori, il triangolo è il simbolo dell'esercito,
mentre il rettangolo è per il manager».

Altre interpretazioni, spiegazioni sono individuabili attraverso la
simbologia presente dalle prime immagini della serie; qualunque sia
quella reale non si può prescindere dal tentativo di individuare quale
sia quella più pertinente in quanto la simbologia cerchio-triangolo-
quadrato è ossessivamente rappresentata.
Se per le formiche i manager sono individuati con il rettangolo e i
lavoratori sono rappresentati dal cerchio mentre il triangolo inquadra
l’esercito, non c’è simbolo che rappresenti la moltitudine di reclutati
al game che sono dei semplici funzionari di un sistema che fa di loro
carne da macello o al massimo da trapianto.

Questi corpi sottoposti ai sei giochi programmati sono semplicemente
delle pedine di una scacchiera, invisibili a qualunque interpretazione
umana. La loro esistenza è un misero tassello da selezionare o
eliminare per fare spazio al gioco sulla vita di chi quella vita gioca.
L’alienato e alienante divertimento della noia esistenziale dovuta ad
un eccesso di lusso e di ricchezza maldistribuita.

Un mini k-drama questo prodotto coreano, sofisticato e cinico
soprattutto quando sottolinea il tema della “uguaglianza” che vuole
tutti i partecipanti messi sullo stesso piano.

I vip sono americani e indossano maschere di animali, color oro,
mentre i loro corpi sono sovrabbondanti di carne e lussuria e gestiti a
loro volta da un Deus ex machina che gioca un’umanità con un solo
padrone, inflessibile e ateleologico.
Stare al gioco della vita come una sorta di servitù volontaria e
antidiscriminante, in quanto l’unica possibilità è rimanere nel sistema:
il modo migliore è il Dividi et Impera, programmato distruggendo
qualunque spazio di solidarietà, amicizia, pietà, sorellanza, fratellanza.

Una serie tv tutt’altro che distopica, rappresentata come un video-
game, che ritrae una realtà così autentica e concretamente farsesca
al limite dell’oggettività e della consapevolezza.

Chi sia più servo e chi più padrone rimane tuttavia da interpretare; la
morale o è amorale o non è prevista; l’etica (ormai pat-etica) è una
perfetta sconosciuta, mentre il paradosso e lo scandalo di una realtà
così reale richiede la Fede direbbe Kierkegaard non in un Dio
onnipotente ed eterno ma in un sistema, quello della TECNICA,
aggiungerebbe Heidegger, che funziona e basta.

“Abitiamo la tecnica irrimediabilmente e senza scelta. Questo è il nostro
destino e coloro che, pur abitandolo, pensano ancora di rintracciare
un’essenza dell’uomo al di là del condizionamento tecnico, come capita
di sentire, sono semplicemente degli inconsapevoli” (U. Galimberti)



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