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Beatrice Bianchini
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SAUVAGE (’99)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2019 ·
di Camille Vidal Naquet
con Felix Maritaud, Eric Bernard, Philippe Ohrel, Pavle Dragas,
Mehdi Bordina

“Quanto vuoi di me, quanto vuoi che mi mostri, quanto vuoi che
ti restituisca al tuo disamore, che risarcisca della tua delusione e
insoddisfazione. Quanto sesso vuoi, magari quanto amore
traslato, surrogato, più che mercificato. Quanto vuoi
sperimentare….”
(G. Bettin)

A 22 anni vive in strada dove si prostituisce con clienti maschi.
E’ omosessuale, non ha limiti, accetta qualunque richiesta e
bacia anche. Non si sa nulla della sua vita, sembra cercare
l’amore e quello che fa gli piace, non si sottrae a nulla: disabili,
vedovi, anziani, pervertiti, violenti, psicopatici. Assume droga,
riposa in posizione fetale e dorme piacevolmente anche su
vecchi corpi obesi…
Si innamora di un prostituto che lo rifiuta perché etero e
perché fa marchette solo per sopravvivere e riuscire a fare
quello che desidera, come combattere.
Cerca l’amore il giovane Leo o forse solo un po' di calore, si
ammala di tubercolosi e durante la visita di una dottoressa
rivela forse l’unico inquietante radicale diversità: quella di non
voler cambiare vita, non ne vede il motivo.
Si abbandona in abbracci che scaldano il cuore ma non segue
la terapia prescritta che trova la sua salute compromessa e
fortemente denutrita. Continua a vivere in strada, a farsi usare
e a sottoporsi a sodomizzazioni estreme da giovani violenti e
spregiudicati.
Tossisce, continua a tossire, fino a sputare sangue, quel sangue
della tubercolosi, che si fa metafora di una emorragia
esistenziale.
Non conosciamo nulla di Leo, vive l’assoluto presente, non ha
contatti, se non le amicizie che intesse in strada con chi
conduce la sua stessa vita; un tessuto umano di asfalto e
orrore. E se anche il vedovo cerca contatto umano il ragazzo
vi si abbandona, cercando i baci di Ahd che però è gay only for
pay e orgogliosamente eterosessuale. E sebbene protegga Leo
non può accettare una storia con lui e parte con un ricco
cliente che lo mantiene e gli consentirà di fare quello che
desidera.
Stessa opportunità si presenterà al ventiduenne, dopo essere
stato ridotto in fin di vita da uno psicopatico in Jaguar,
torturatore di prostituti chiamato il Dottore.
Scene esplicite, forti e strazianti inducono lo spettatore ad un
senso di impotente istinto di protezione nei confronti di
questo ragazzo-merce di una esistenza incosciente.
Un corpo a disposizione dell’abuso estremo.
Nessuna morale è tentata dalla narrazione del film solo la
rappresentazione della Via Crucis di una vita senza possibilità
in quanto il riscatto non è neanche preso in considerazione.
L’alienazione di Leo è totale, è il nuovo “straniero” di Camus,
che vive a sua insaputa e si fa merce sullo scaffale della strada
vicina all’aeroporto di Strasburgo dove passano tanti ricchi
uomini d’affari per metterlo nel carrello e portarlo nelle stanze
del consumo.
Quel consumo irresistibile per Leo, anche quando può salvarsi:
quello è il mondo di un ragazzo randagio alla ricerca di
qualcosa che non sa cosa sia, perché se l’avesse non la
vorrebbe più.
Neanche l’istinto di conservazione può aiutare questo
innocente che “non sa cosa fa” e quindi dalla croce va
perdonato.
Dopo anni di inchiesta nel mondo della prostituzione maschile
Camille Vidal Naquet ci offre una rappresentazione tutta
maschile di una cronaca di degrado umano-esistenziale che
non conosce, non cerca e intuisce nessuna alternativa.
Il vuoto pieno di rinuncia costruito da una solitudine che non è
la disperazione ma una sorta di assenza di gravità di chi si
trova a muoversi in una società dove lo spazio di condivisione
è in disuso, dove non c’è messaggio che regga.
L’incapacità di intendere e di volere diviene lo stile di vita di
Leo, che vive la “gioiosa” confusione dei codici fino al limite
dove è il codice della vita a confondersi con quello della morte.
Una inerzia esistenziale che spezza il cuore e che disegna
l’epilogo di quel mercato dei corpi che attraversa “nuove” aree
di profitto sulla disintegrazione chirurgica di qualunque
residuo di possibilità identitaria.
Un film che introduce lo spettatore in una spettrale realtà
disumana dove la solitudine è il concetto centrale e la
prostituzione sia del cliente che della “puttana”, l’unica
condizione possibile.

“Di tutti i rapporti umani la prostituzione è forse il caso più
pregnante di degradazione reciproca alla condizione di puro
mezzo. Questo può essere visto come il momento più forte e più
profondo che storicamente collega la prostituzione in modo
assai stretto alla economia monetaria, l’economia di “mezzi” nel
senso più stretto della parola”.
( G. Simmel)



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Ideato e realizzato da Sandro Alongi
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