ArtBea
Beatrice Bianchini
Vai ai contenuti

Paradise: Love ('130)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2010 ·
di Ulrich Seidl
con Maria Hofstätter, Margarete Tiesel, Gabriel Mwarua, Carlos Mkutano, Inge Maux.



Teresa è una grassa cinquantenne austriaca. Ha una figlia impegnativa e obesa.
Su suggerimento di una amica entusiasta frequentatrice del luogo, parte per il Kenya.
Costei è una sugar mama: tradotto letteralmente sarebbe "dolce mammina".
In slang "Suga Mama" è una donna che mantiene il fidanzato/compagno, lui ricambia col sesso. L'amica si diverte ad avere incontri sessuali con i giovani del luogo e sprona Teresa a fare altrettanto.
Dal primo tentativo fallito per pudore e dal non sentirsi a proprio agio, arriverà alla acquisizione in breve tempo di una discreta confidenzialità con quei corpi neri e giovani a disposizione delle signore.
Una donna sola Teresa, in cerca di "amore" o forse solo di compagnia chiede al giovane di turno di essere delicato e magari anche romantico nel toccarla.
La richiesta di soldi da parte di questi ragazzi sarà costante e ossessiva, non solo in spiaggia, dove si cerca di vendere qualsiasi tipo di prodotto ma anche fuori e dopo le prestazioni sessuali: l'elenco dei problemi economici e di salute sembra non avere sosta.
Un circolo vizioso si crea: una dipendenza da parte di queste donne ad essere risarcite delle loro solitudini attraverso lo sfruttamento della povertà di questi giovani che a loro volta non esitano a rivendicare anche con violenza l'indennizzo economico che esige questo tipo di "contratto di collaborazione".
E' il giorno del compleanno di Teresa, che attende inutilmente una telefonata dalla figlia: le amiche si presentano nella sua stanza con un regalo, un giovanissimo fanciullo nero, sinuoso e delicato che verrà pagato per spogliarsi e per avere un'erezione sotto sollecitazione delle signore presenti.
Ossessionate, in quanto donne, dai loro difetti fisici, non tarderanno però ad assumere atteggiamenti volgari, irrispettosi, razzisti e umilianti.
Niente di nuovo per il "mestiere più vecchio del mondo", come dicono in molti.... tranne che in questo caso i corpi usati come puro mezzo sono i maschi.
Le donne sono "le utilizzatrici finali" come in "Verso il sud", di Laurent Cantet, che aveva già affrontato egregiamente questo tema, trattato in Paradise:love senza censure, da Ulrich Seidl, un documentarista che testimonia il tema senza mezze misure.
Trionfa solo la schiavitù economica e psicologica, dietro la parvenza della libertà sessuale e della scelta. Nelle nostre società pseudo-emancipate quello che passa di mano in mano è solo lo sfruttamento: si scambia ciò che vi è di più personale e riservato come il sesso con l'elemento più impersonale che è il denaro.
Il merito di questo film-documento è di far riflettere sul tema della prostituzione attraverso un altro soggetto, quello femminile: un nuovo modo di vedere qualcosa che forse solo con un nuovo sguardo riusciamo a rivalutare. Ripensare il sesso e la fame, la menzogna e l'illusione, l'amore e la sopravvivenza.
Il denaro che struttura le relazioni sociali diventa sistema e si diffonde questo tipo di società dove gli individui si possono incontrare solo in quanto rappresentanti di denaro come nella prostituzione e si possono scambiare tutte le cose come le relazioni sociali.
Se, come diceva Sartre la vergogna non è il sentimento di essere questo o quell'oggetto criticabile ma in generale di essere un oggetto cioè di riconoscermi in quell'essere degradato, dipendente e cristallizzato che sono per gli altri....
Di tutti i rapporti umani la prostituzione è forse il caso più pregnante di degradazione reciproca alla condizione di puro mezzo, diceva G. Simmel e Ulrich Seidl lo racconta alla perfezione.




Nessun commento




Ideato e realizzato da Sandro Alongi
Torna ai contenuti