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Beatrice Bianchini
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LOS DECENTES (‘100) (2016)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2016 ·
di Lukas Vallenta Rinner

Colloqui di lavoro, si cercano baby sitter e cameriere.
Belen viene assunta come domestica in una zona residenziale molto esclusiva, simile a quella de "La zona" di Rodrigo Pla, ma qui non siamo in Messico ma a Buenos Aires.
Quello che infastidisce i residenti non sono i ladruncoli esterni ma una comunità di nudisti, naturalisti confinanti, un po' rumorosi e "naive".
La cameriera, annoiata dalla vita della residenza e curiosa dei vicini, nel tempo libero, decide di unirsi a loro, accuratamente recintati con un filo ad alta corrente elettrica.
Nel frattempo la padrona di casa ha a che fare con un figlio frustrato e ossessionato dalla sua attività professionale sportiva mentre un comitato interno indice una petizione per allontanare la comunità nudista.
Belen vuole scoprire il suo corpo, la corte dell'impacciato guardiano della residenza non soddisfano le sue curiosità e si lascia conquistare da quegli indecenti, aldilà della barricata, che praticano carezze tantriche, caccia, coltivazione, gang bang in stile naturalistico accuratamente truccati da animali della foresta.
I loro precetti sembrano radicalmente diversi, lontani dai canoni sociali, si dedicano all'ozio, supportati, non si capisce, da chissà quale rendita economica, per abbracciare la liberazione mentale e sessuale in comunione con la natura.
Giovani, anziani, con fisici tutt'altro che atletici, vengono passati in rassegna dal regista austriaco che vive in Argentina, Lukas Valenta Rinner.
Il silenzio regna nella vita di Belen che senza esitare, con un volto statico passa da una condizione borghese materialista da un lato a quella apparentemente naturalistico/tantrica.
Il tutto costruito nello straordinario stile austriaco di Ulrich Seidl, quando Rinner ritrae, come nel noto "Safari" o " In the basement", le scene documentaristiche di vita dei nudisti della comune.
Ma tutti stanno nel recinto, decenti e indecenti, anche perché non si sa quali siano gli uni e gli altri...
Un' opera sconcertante quella di RInner, con un inizio che sembra portare su un binario che ad un certo punto prende una direzione completamente diversa con un gioco al rialzo fino alla conclusione sconvolgente e travolgente.
Spunti esilaranti e grotteschi costruiscono un affresco dove l'umanità osservata accuratamente prende le sembianze di animali da laboratorio cavie di se stessi e del mondo che si sono costruiti, con l'illusione della ricchezza non liberante da un lato e della natura come obiettivo di libertà castrante dall'altro.
La frustrazione, la solitudine, l'aggressività non esiteranno a presentarsi in tutta la loro trasparenza, soprattutto laddove sono accuratamente mascherati.
Uno sguardo multiplo quello di Rinner, presenta bruscamente una realtà assurda, comica ma molto crudele, attraverso una messa in scena piena di inquadrature fisse e una musica ritmata che scandisce i movimenti disarmonici di Belen.
Originalissima e a tratti umoristica, quest'opera si distingue per la capacità caricaturale che assume come motore immobile di una realtà troppo ottusa per un'eventuale capacità autoanalitica.
Apparentemente insensibile e freddo il film dichiara spudoratamente la sua provocatorietà più estrema con la presentazione del quale il Torino Film Festival sembra aver dato il meglio di sé.




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