ArtBea
Beatrice Bianchini
Vai ai contenuti

LA VERGINE GIURATA ('90)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2015 ·
di Laura Bispuri
con Alba Rohrwacher


Le leggi del Kanun sono servite per più di cinquecento anni come canone fondamentale del comportamento sociale e della propria amministrazione per i clan dell’Albania del Nord. Lo stesso Kanun mostra come si è costruita nei secoli la tradizione giuridica ed istituzionale del popolo albanese. Le regole e le norme del Kanun continuano ad esercitare una forte influenza sia tra gli albanesi che vivono in Albania sia tra quelli emigrati in altri paesi.

Montagne dell'Albania. Hana Doda ha una sorella alla quale è legatissima; le due adolescenti amano perdersi tra le montagne innevate, armeggiando fucili mettendo in discussione il codice consuetudinario albanese che si occupa di diritto civile e penale disciplinando numerosi aspetti come la famiglia, il matrimonio, i contratti, il lavoro, la proprietà, i delitti infamanti e il risarcimento dei danni.
Il codice del Kanun recita anche queste regole rispetto al comportamento femminile:
Non è bene bere prima che un uomo beva
Non è bene fumare
Non è bene imbracciare un fucile
Non è bene parlare prima che un uomo parli
Ne' andare da sola nei boschi senza un uomo
Non è bene scegliere il marito
Non è bene svolgere i lavori degli uomini
Non è bene guardare un uomo pensando che non abbia ragione
Non è bene scegliere prima che un uomo scelga

La madre ricorda alle due giovani donne queste regole e la sorella di Hana è promessa sposa ad un uomo che non vuole mentre ne ama un altro con il quale scapperà.

La posizione che il Kanun assegnava alla donna era di assoluta subalternità rispetto agli uomini nella famiglia come nella società. Con il matrimonio, il padre della sposa consegnava, insieme al corredo pattuito, un proiettile, come simbolo del potere assoluto che si riconosceva al futuro marito. Quest’ultimo avrebbe potuto persino uccidere la propria moglie in caso di tradimento grave, di adulterio e di mancato rispetto dell’ospite, senza per questo incorrere nella vendetta della famiglia di lei. Era ammesso nel Kanun anche il matrimonio «con la prova»: il marito prendeva la donna in casa con sé per un anno e se la donna durante questo periodo non portava a buon fine una gravidanza, il matrimonio era da considerarsi sciolto. Il marito avrebbe potuto tenere la donna con sé per pietà, ma riacquistava il diritto di risposarsi.
Ad Hana, rimasta sola, non rimane che la proposta dello zio: diventare una vergine giurata.
Agire liberamente come un uomo rinunciando alla propria identità di genere femminile, prima di tutto all'esercizio della sessualità. Giurando verginità eterna consacrerà il suo corpo alla causa maschile.
Nel Kanun si riconosceva anche un particolare diritto alla donna, cioè quello di proclamarsi uomo. Si faceva riferimento a queste donne, che indossavano, come carattere distintivo un abbigliamento maschile, come le cosiddette «vergini albanesi». La vergine nel Kanun nacque da un bisogno sociale. Secondo il Kanun, se i patriarchi della famiglia morivano e la famiglia rimaneva senza un erede maschio, la donna non sposata della famiglia poteva trovarsi subito sola e molto potente. Facendo il giuramento di verginità, la donna poteva assumersi il ruolo di un uomo, come capo della famiglia, poteva tenere l’arma, guadagnare la proprietà e muoversi liberamente. Le vergini giurate erano patriarchie della propria famiglia, con tutti gli abbigliamenti dell’autorità maschile, avendo giurato di rimanere vergini per il resto della loro vita.
Queste ragazze infatti avevano pronunciato uno speciale giuramento in occasione di una cerimonia sacrale nella quale promettevano il proprio stato di verginità davanti ai dodici uomini più importanti del villaggio. Dopo il giuramento, la fanciulla assumeva un comportamento maschile, prendeva un nome da uomo, si armava, poteva fumare, bere e mangiare con gli uomini laddove alle donne non era permesso. Inoltre acquisiva il diritto di vendere, comprare e gestire proprietà, poteva partecipare alla guerra e alle vendette tra i clan di pari diritti agli altri uomini.
Alle nuove sembianze di Mark, Hana adatterà il suo esile corpo mortificato, ma qualcosa di definitivo non si è compiuto e la natura di una creatura libera non riuscirà a far sedare le vertigini dei suoi istinti e delle sue infinite possibilità.
Un film poetico e ruvido racconta l'insondabile complessità del pianeta donna; un frammento di discorso amoroso femminile, rappresentato nelle sue molteplici dimensioni e contraddizioni, attraverso una radiografia del corpo, e delle sue ragioni, straziante e lucidissima.
L'accesso al mondo maschile richiede il sacrificio del corpo femminile sia per eccesso che per difetto, sempre nel misconoscimento dell'individuo donna alla quale si chiede di sottrarre il piacere libero e incondizionato in virtù dell'acquisizione di un nome sacro al maschile in quanto al femminile può essere solo profano.
Una immagine simbolica di una condizione generale, una storia che è la metafora del rapporto ancora fortemente conflittuale tra la realtà femminile e il mondo. E' sempre presente un codice Kanun, in ogni attualità anche e soprattutto quando non ce ne accorgiamo... solo il corpo continua a parlare e a lanciare segnali e ostinarsi a non leggerli è sintomo del giuramento ad una verginità incapace di intendere la complessità umana.
Un film che duole, che urge, che sollecita un doppio sguardo.


"la donna al pari dell'uomo è il proprio corpo ma il suo corpo è cosa diversa rispetto a lei"
( S. De Beauvoir)




Nessun commento




Ideato e realizzato da Sandro Alongi
Torna ai contenuti