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Beatrice Bianchini
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La terra dei figli

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2021 ·
di Claudio Cuppellini

con Leon de La Vallée, Paolo Pierobon, Maria Roveran, Fabrizio
Ferracane, Maurizio Donadoni, Franco Ravera, Valerio Mastrandrea,
Valeria Golino, Michelangelo Dalisi, Pippo Delbono

Tratto dalla graphic novel di Gipi, la rappresentazione di un’Italia
post-apocalittica cupa e faticosa.
La vita di pura sopravvivenza di un padre e un figlio che vivono su un
lago, dove anche pescare è un’avventura.
Il padre scrive un diario, di cui non vuole parlare e non vuole far
vedere al figlio, il quale come tutti i ragazzi “nati dopo i veleni”
non sa leggere.
Nessun libro è sopravvissuto; qualche cane, ucciso come merce di
scambio per mangiare; aggressioni, violenza, frammenti di rispetto tra
vicini mentre la sfiducia regna spietata.
I figli nati dopo i veleni non hanno rispetto e il ragazzo ruba le bombe
per pescare mentre un’orda di cadaveri viene a galla al posto dei pesci.
Un umido e maleodorante paesaggio lagunare, malsano per la malattia
del padre minacciato di morte.
La madre, detta la strega, dal figlio, vive poco distante: ha perso la
vista ma non l’amore per il compagno e per il figlio, vorace, apatico e
anaffettivo, che ritiene le carezze inutili e le lacrime pericolose: il
padre gli ha insegnato che l’altro se ne approfitta.
Quel padre che muore mentre scrive e il viaggio di formazione inizia
quando il figlio vuole sapere cosa scriveva.
Un’alfabetizzazione affettiva quella del ragazzo fatta di pericoli,
violenze, compromessi, sottomissioni, abusi…
Un viaggio lungo e misterioso oltre la chiusa, per trovare chi sa ancora
leggere della vecchia generazione.
Code di auto arrugginite, come se il tempo si fosse fermato un giorno
per sempre; l’incontro con due contadini spietati che hanno chiuso in
una gabbia “la cagna” una ragazza nuda trattata come un animale.
Tra diffidenza, pietà, sentimenti, disumanità e terrore, il ragazzo
intraprende l’ultima tappa del suo viaggio per scoprire cosa scriveva il
padre, per “sapere se gli facevo schifo”.
L’ultimo capitolo decreta come il saggio Sileno che “ per i bambini
morire subito è sempre la cosa migliore” ma l’incontro con un padre
mostruoso gli farà scoprire le tanto agognate parole del genitore
morto scrivendo e vissuto per insegnargli a non amare.
Un film ambizioso e implacabile, sordo e cieco di fronte a qualunque
riscatto: l’apocalisse dei sentimenti schiacciati dalla pulsione alla
sopravvivenza acefala, animale, lurida e paludosa.
Una sorta di Re della terra selvaggia di Benh Zeitlin, dove Hushpuppy
doveva diventare il re della vasca, con un padre inflessibile come
quello del figlio della chiusa di Cuppellini.
Entrambi morti i padri, perché malati con l’unico scopo di lasciare
quei “figli della terra” ormai ostile a combattere per la sopravvivenza.
Film questi giocati sul pathos della grande avventura, dove la natura
contaminata e nemica, impone il passaggio all’età adulta, attraverso la
parabola mitologia della tragicità dell’esistenza dell’intero sviluppo
della tradizione culturale dell’Occidente.
L’indizio di una malattia mortale per la quale non è possibile
individuare alcun farmaco se non come segno della necessità di una
redenzione dell’attesa del compiersi della “beata speranza”.
Una riflessione intorno al problema filosofico fondamentale: l’enigma
della condizione umana e del suo destino.



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Ideato e realizzato da Sandro Alongi
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