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Beatrice Bianchini
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Il capo perfetto ( ‘115)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2021 ·
di Fernando León de Aranoa
con Xavier Bardem, Manolo Solo, Almudena Amor, Óscar de la
Fuente, Sonia Almarcha, Fernando Albizu, Tarik Rmili, Rafa
Castejón, Celso Bugallo, Francesc Orella, Martín Páez, Yaël
Belicha, Mara Guil, Nao Albet e María de Nati.

Le leggi naturali non conducono a una completa determinazione di ciò
che accade nello spazio e nel tempo: l’accadere (all’interno delle
frequenze determinate per mezzo delle connessioni)
è piuttosto rimesso al gioco del caso.
( Werner Karl Heisenberg)

Julio Blanco è il capo dell’ azienda omonima produttrice di bilance.
E’ sposato senza prole, sostiene i suoi figli siano i dipendenti invitati a
raccontargli tutto: solo in questo modo potrà essergli d’aiuto.
Il film scandisce il ritmo di una settimana dopo la quale una
commissione dovrà decidere, su tre aziende selezionate, quale
riceverà il riconoscimento tanto ambito.
Julio è ossessionato da questo premio,
gli altri ricevuti nel corso degli anni sono posizionati come
reliquie preziosissime nella sua lussuosa villa.
E’ tormentato anche dalla presenza di un ex dipendente licenziato che
pernotta con striscioni e megafono fuori l’ingresso dell’azienda,
urlando slogan come “el plueblo unido jamas será vencido”
e insulti in rima per l’ex padrone.
Nessun può intervenire legalmente,
nonostante le richieste e Blanco
dovrà pensare ad altre soluzioni…
Stagiste entrano e escono dall’azienda,
con appartamenti a spesa del
capo, stile “olgettine”, i segreti conosciuti e taciuti,
le promesse e il paternalismo di Julio, padre padrone così “attento”
alle loro problematiche, servono per utilizzare
gli intrighi relazionali a proprio vantaggio.
La moglie è una donna imprevedibile: gli chiede cosa sta pensando e
lui risponde sempre “niente” mentre lei replica che “è impossibile non
pensare niente” e che lei sa “cosa pensa quando dice niente”.
Una donna ironica, sarcastica, attenta e particolarmente acuta.
Il gioco al quale lui sottopone i suoi dipendenti e lo stesso gioco al
quale ricorre lei con il suo coniuge: gli ricorda, con una scansione
perfetta dei tempi, alcuni aspetti che lui rimuove abilmente, come aver
dimenticato di aver ereditato dal padre l’azienda, mentre dimentica
cosa deve rammentargli per poi farlo apparentemente in ritardo ma in
perfetta sincronia con l’accaduto.
E’ abilmente diabolica, simpatica e disincantata difronte alla mancanza
di etica del marito, così paranoico e ossessionato
dall’equilibrio delle bilance che produce.
La metafora, utilizzata nel film, della basculas simbolo della giustizia è
perfettamente calzante con il progetto del lungometraggio; anche
l’esplicito ricorso al principio di indeterminazione di Heisenberg
evidenzia l’attenzione che la sceneggiatura e i dialoghi ripongono sullo
sviluppo e il significato della storia.
Nella vita, come nella meccanica quantistica, non possiamo mai avere
certezza di nulla; l’incertezza è la convinzione che molte delle cose che
ci circondano non siano prevedibili, sfuggono al nostro controllo, o
ancor peggio, siamo noi stessi ad alterarli con le nostre azioni.
Nel momento stesso in cui si misura qualcosa la si modifica e
l’equilibrio di una bilancia può sempre essere compromesso.
Il film oscilla tra l’assolutismo paranoico e il relativismo etico del
protagonista che si espone “ ingenuamente”
a conseguenze legali e penali.
Un buon padrone come recita il titolo spagnolo, che gioca con le
pedine umane sulla scacchiera aziendale, con leggerezza e ferocia, con
una mania del controllo abnorme, una pervasività patologica,
una semplicità paranoica.
Un film che organizza un crescendo strutturale, accompagnato da
comicità e tragicità a tratti drammatiche e grottesche, il tutto con
musiche travolgenti come la Dance of the Knights di Prokofiev.
Negli ultimi 30 minuti accade di tutto e il ritmo
si fa sempre più eccitante.
Parafrasando Marx qui la storia si apre come commedia per ripetersi
“prima come tragedia e poi come farsa”; il buon padrone diventa
prima paternalista e poi boia fino a truccare la bilancia della giustizia
e per trovare l’ “equilibrio” del capitalismo mentre il marketing
aziendale insegue l’idea di fedeltà con la dea bendata.
La grande interpretazione di Bardem, aggiunge maschera su maschera
al vero volto del protagonista, sempre più grottesca e deformata: un
delirio di onnipotenza e di superiorità a tratti magnetico e seduttivo,
perlopiù ipnotico e imbarazzante, che fa perdere
il contatto con la realtà e con il suo corso naturale
nonostante i tentativi di contaminazione.
Il gioco del gatto e del topo si ripresenta con circolarità: quello di
Blanco con i suoi dipendenti e quello esilarante
della moglie con il suo Julio…
Un gioco caustico e feroce si snoda con abilità imprevedibile durante i
115 minuti confezionati con maestria da Aranoa. Dopo I lunedì al sole,
qui il sistema del mondo-lavoro-disoccupazione viene tratteggiato
come in un thriller dark-comedy dove l’industria occupazionale è in
mano alla perversione, alla spersonalizzazione e al deterioramento dei
rapporti umani e di lavoro.
La formula merce/denaro/merce sostituita ormai da secoli dalla
formula denaro/merce/denaro con l’assolutizzazione della logica del
profitto, restituisce l’insignificanza della dialettica hegeliana servo-
padrone a (s)vantaggio dell’operaio come merce.
Candidato all’oscar come miglior film straniero El buen patrón è il
cinema che diverte, incuriosisce, travolge, inquieta, fa riflettere:
Fernando Leon de Aranoa è un prestigiatore abile della macchina da
presa, uno narratore accorto e sofisticato, un esperto chirurgo della
sceneggiatura e del montaggio.
La scena finale un epilogo indimenticabile crudele e sordo a
qualunque voce della coscienza, ma supino al revenge che brinda con
un solido, denso, armonioso, pieno, lungo,
persistente Chateau Lafite.
Cheers!
Non è possibile determinare contemporaneamente un’idea di una donna
e la velocità a cui tale idea cambierà.
( Werner Karl Heisenberg)



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Ideato e realizzato da Sandro Alongi
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