di Nathalie Alvarez Mesen
Costa Rica
Clara e’ ritenuta una guaritrice; ha circa quarant’anni e c’è chi ha deciso per lei
cosa sarà della sua vita: la madre.
“ Dio me l’ha data così e così me la tengo”
Nata con la spina dorsale curva che danneggia la postura e alcuni
organi,
oltre a garantirle forti dolori, dovrebbe essere operata ma la
madre non acconsente,
lasciando Clara relegata ad una vita sacrificale
asservita allo sfruttamento della superstizione.
Unico conforto è il suo rapporto con la natura, con la quale
si
intrattiene scambiando umori, odori, sapori e destino,
insieme alla sua
cavalla Yuca, anch’essa sfruttata per far divertire i turisti.
Una volta che arriva nel villaggio, devoto alla madonna, uno
straniero,
qualcosa di nuovo accade nel contesto religiosa e opprimente.
La scoperta del corpo della nipote quindicenne e il risveglio
delle
pulsioni sopite di Clara, accuratamente occultate e anestetizzate,
travolgeranno completamente le aspettative e la progettualità
deformante
della vita della sfortunata donna.
La rappresentazione della quinceanera della nipote ossia la
cerimonia di passaggio biologico alla maturità sessuale,
riesce ad
evidenziare la natura sostanzialmente
scaramantico/culturale/ arcaica di
alcuni riti di passaggio tuttavia negati a Clara.
Una estenuante prima parte, dove una circolare claustrofobia
quotidianità
soffoca la vita di questa donna fa da controparte ad una
svolta
vibrante nella seconda dove le pulsioni prendono il sopravvento
sulle mortificazioni che la psicopatologia materna ha previsto come
destino della figlia.
Un film che ricorda i temi trattati dalla Hausner in Lourdes e in Requiem di Hans
Christian Schmid, con un finale catartico, dove solo dalle fiamme e
dalla
distruzione dell’idolatria l’araba fenice di Clara potrà
rinascere dalle proprie presunte ceneri.